La prevenzione è una alleata anche dopo i 65 anni
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FOCUS SU
I tumori del colon-retto sono neoplasie che colpiscono l’ultimo tratto dell’intestino, sono estremamente frequenti nel mondo Occidentale rappresentando la seconda neoplasia per frequenza sia nella donna (dopo la mammella) che nell’uomo (dopo la prostata).
Il tumore del colon-retto uno dei tumori più temuti perché, se non diagnosticato precocemente, è associato a sintomi come il sanguinamento, l’occlusione intestinale e ai sintomi associati alle metastasi a distanza.
Le cause di questo tumore comprendono una componente genetica (famigliarità) e una componente ambientale (cibi e inquinanti). La classe più a rischio sono le persone tra i 60 e gli 80 anni.
Il cancro colorettale è attualmente uno dei pochi tumori che si giova della diagnosi precoce.
Il tumore al colon, o tumore del retto, nel caso in cui interessi anche il retto, consiste nella crescita incontrollata di cellule anomale nel tessuto di rivestimento.
I tumori del colon-retto sono nella stragrande maggioranza dei casi l’evoluzione maligna di polipi benigni, denominati adenomi, che originano dalle cellule presenti nel tessuto ghiandolare della parete colica.
Gli adenomi sono strutture simili a dita che si protrudono all’interno della cavità intestinale e sono relativamente comuni nelle persone di età superiore ai 50 anni.
Un adenoma può trasformarsi, nel corso degli anni, in un tumore maligno che può invadere i tessuti circostanti e diffondersi in altre aree dell’organismo (metastasi).
La presenza di adenomi di piccole dimensioni non causa nessun disturbo al paziente, per cui è fondamentale la prevenzione, considerata la loro asintomaticità. Il rischio che un adenoma vada incontro ad una trasformazione maligna (adenocarcinoma) è variabile e dipende dal tipo di adenoma.
In base alle caratteristiche degli adenomi, varia la terapia o gli esami richiesti.
Nel 2020 sono attese circa 43.700 nuove diagnosi (uomini 23.400; donne 20.300) mentre sono 513.500 le persone in Italia dopo una diagnosi di tumore del colon retto (maschi 280.300, femmine 233.200).
Il tumore del colon retto ha una mortalità intorno al 25% nelle donne e al 35% negli uomini: sono stimati 21.600 decessi (uomini 11.300, donne 10.300).
La sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è del 65% in entrambi i sessi, la sopravvivenza di ulteriori 5 anni condizionata ad aver superato il primo anno dopo la diagnosi è del 76% negli uomini e del 77% nelle donne.
La causa esatta del cancro al colon non è nota ma il rischio di svilupparlo aumenta con l’età, la vita sedentaria e anche fattori di tipo ereditario. Dunque diversi fattori ambientali e comportamentali sono stati associati a un aumento di rischio per il tumore del colon retto.
Numerose ricerche hanno dimostrato che le persone che consumano grandi quantità di carni rosse e di insaccati, farine e zuccheri raffinati, poca frutta e verdura sono più esposte all’insorgenza della patologia. Lo stesso dicasi per i fumatori, i forti consumatori di alcolici, le persone in sovrappeso e sedentarie.
Contano anche la familiarità e i fattori ereditari in circa un caso su tre. In particolare il rischio può essere aumentato se la patologia è stata diagnosticata in un parente stretto (padre, madre, fratello o sorella) soprattutto se di età inferiore a 45 anni, oppure in più parenti stretti all’interno della stessa famiglia.
Ulteriori condizioni di rischio possono essere patologie intestinali, come malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa, poliposi adenomatosa familiare e sindrome di Lynch.
Fumo, alcool, obesità e consumo di carne rossa sono tra i principali fattori di rischio.
I fattori di protezione sono invece rappresentati dal consumo di frutta e verdure, carboidrati non raffinati, vitamina D e calcio e dalla somministrazione di antinfiammatori non steroidei per lungo tempo.
Ulteriori condizioni di rischio sono costituite dalla malattia di Crohn e dalla rettocolite ulcerosa.
Le suscettibilità ereditarie (2-5%) riconducibili a sindromi in cui sono state identificate mutazioni genetiche sono la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome di Lynch.
Sono alla base della prevenzione stili di vita corretti quindi alimentazione sana, attività fisica, no fumo e no alcol, e la partecipazione ai programmi di screening ovvero screening con colonscopia oppure il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
Questo tipo di tumore è quindi prevenibile attraverso la prevenzione primaria e quella secondaria.
La prevenzione primaria
Il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci è un esame che consiste nel prelevare un campione di feci da sottoporre ad analisi. Il test ha l’obiettivo di identificare la presenza di sangue non macroscopicamente evidente, ma tuttavia presente nelle feci.
E’ consigliato dopo i 50 anni, non necessita di preparazione, cioè non è necessaria nessuna dieta particolare prima dell’esecuzione del test o la sospensione dei farmaci ed è privo di rischi.
Si è evidenziato che questo test ha ridotto significativamente l’incidenza di tumori avanzati nel colon ed è associato a una riduzione della mortalità per tumore colon rettale di almeno il 20%. Se risulta negativo, il test deve essere ripetuto ogni due anni fino ai 69 anni, per pazienti non a rischio.
Se il test risulta positivo: su 100 persone che eseguono il test, circa 5 possono risultare positive per la presenza di sangue nelle feci. Questo può essere spesso dovuto a cause non tumorali, come per esempio le emorroidi, ma per accertarlo sarà necessario completare l’esame con un’altra indagine, la colonscopia. Per persone a rischio intermedio di età superiore ai 50 anni l’esecuzione del test è raccomandata ogni anno. Se esiste una familiarità per il tumore colonrettale, potrebbe essere raccomandata l’esecuzione di test di screening anche prima dei 50 anni o anche della colonscopia.
La colonscopia completa è un esame diagnostico che consente di esaminare la mucosa del colon inserendo, attraverso l’ano, un tubo sottile e flessibile che viene fatto avanzare lentamente mentre si introduce aria per distendere le pareti dell’intestino. E’ dimostrato essere il più efficace per la prevenzione e il trattamento delle neoplasie colorettali in stadio iniziale.
Consiste nell’esplorazione del retto e dell’intero colon con uno strumento flessibile e dotato di una telecamera. Nel corso della colonscopia è possibile rilevare la presenza di polipi, che vengono rimossi durante l’esame e poi inviati all’esame istologico per la loro tipizzazione.
Durante la colonscopia è inoltre possibile riscontrare una massa sospetta per tumore, che può essere biopsiata per la conferma diagnostica.
La colonscopia virtuale, pur essendo meno invasiva della prima non permette di effettuare l’asportazione dei polipi, né la biopsia di eventuali masse.
L’individuazione e rimozione precoce dei polipi, prima della loro trasformazione cancerosa, consente di prevenire lo sviluppo del cancro al colon. Se diagnosticato precocemente, il cancro al colon è curabile al 90%. L’esecuzione della colonscopia è raccomandata ogni 5-10 anni per persone a rischio intermedio di età superiore ai 50 anni.
Gli specialisti consigliano, in assenza di famigliarità per cancro colorettale, di iniziare i controlli preventivi all’età di 50 anni con una colonscopia completa. Se la colonscopia è negativa, il controllo endoscopico andrebbe ripetuto ogni 5 anni in assenza di sintomi.
Tra una colonscopia e l’altra, la ricerca del sangue occulto fecale, in associazione ad una visita medica (esplorazione rettale per valutare la presenza di eventuale sangue macroscopicamente evidente e/o di lesioni partendo dalla parete rettale), rappresenta il modo meno invasivo per prevenire i tumori del colon-retto.
Il tumore colon rettale si sviluppa spesso senza segni o sintomi precoci.
I sintomi che possono verificarsi sono il sanguinamento (anche rosso vivo), l’alterazione dell’alvo (diarrea, stitichezza, alvo alterno), produzione di muco nelle feci (che può essere anche associato a coliti, prolassi del retto, emorroidi molto voluminose), tenesmo (falso stimolo a defecare), il senso di incompleto svuotamento, anemia inspiegabile, dolore addominale, disagi addominali (frequenti dolori per il gas, gonfiore, senso di sazietà e crampi), perdita di peso senza un motivo apparente, costante stanchezza.
Questi segni e sintomi possono essere causati dal tumore o da numerose altre patologie o condizioni cliniche. E’ importante parlare al proprio medico curante, partecipare ai protocolli di screening per il tumore al colon o ad esami diagnostici di approfondimento in caso di sospetto.
Grazie ai presidi distribuiti sul territorio piemontese, l’Associazione eroga attraverso i suoi medici visite per la prevenzione del tumore del colon retto, dell’apparato urinario, dell’apparato urogenitale maschile, dell’apparato respiratorio, del cavo orale, naso gola laringe, della cute, e visite di prevenzione primaria con il Nutrizionista e il Chinesiologo. Per prenotare telefonicamente devi essere sostenitore.
I tumori del colon retto possono essere curati con grandissima efficacia e altissima percentuale di guarigioni. Il principale trattamento è quello chirurgico. Esso è per lo più effettuato per via laparoscopica con ridotto discomfort per il paziente.
La chirurgia ha fatto grandissimi progressi: l’avvento della cosiddetta “chirurgia mini invasiva” ovvero la resezione del tumore senza “aprire” l’addome ma utilizzando la laparoscopica, tecnica che prevede l’uso di una telecamera e di piccoli fori per introdurre gli strumenti, ha migliorato i risultati e ridotto drasticamente la sofferenza dei pazienti. Inoltre alcune tecnologie (Robot laparoscopici, Robot endoscopici, Chirurgia transanale) hanno ridotto enormemente il ricorso alla Stomia ovvero alla deviazione all’esterno delle feci, una delle situazioni più temute dai pazienti.
La chirurgia ora è attenta non solo ad ottenere la massima percentuale di guarigione, ma anche a non alterare in alcun modo la qualità di vita dei pazienti.
Altri trattamenti includono la chemioterapia e/o la radioterapia, utili per eliminare eventuali cellule cancerose residue. La terapia mirata (target therapy) è un approccio relativamente nuovo che utilizza farmaci in grado di attaccare specifici target proteici che, di solito, controllono la crescita delle cellule e che sono alterati nelle cellule tumorali.
Un approccio relativamente nuovo è anche quello dell’immunoterapia, che stimola il sistema immunitario del paziente a riconoscere ad attaccare le cellule tumorali.
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